Nella casa di cera

Presso i mammiferi (società umane comprese) le comunità organizzate hanno
quasi sempre una struttura patriarcale: a capo del branco o della tribù vi è un
vecchio maschio, robusto ed esperto, al quale i sudditi, almeno per un certo
tempo, accordano fiducia e rispetto. Le femmine, che pur godono di molte

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libertà e sono per lo più estranee alle lotte per il potere in cui indulgono i

maschi, hanno in genere posizione più subordinata, o sono del tutto fuori da una
gerarchia.
Non appena curiosiamo nel mondo degli insetti, invece, ci imbattiamo in
società rigorosamente matriarcali: i maschi, presso le api o le formiche, non è

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che contino poco: non ci sono affatto, in seno alla comunità, se non nel breve

tempo della stagione degli amori. Per il resto dell’anno se la vedranno fra loro le
femmine della specie, alate o no; con il volo nuziale, la breve esistenza dei
maschi è già finita.
La società delle api, dunque, è una società di sole femmine, ma non per

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questo è una comunità tra eguali. V’è la regina, sovrana incondizionata di tutta

la comunità, e vi sono le operaie, a cui spettano tutte le incombenze, tranne
quella di riprodursi. E non c’è speranza, per una operaia, di trasformarsi mai in
regina. Il giorno che è uscita, con le sue quattro ali ancora umide, dalla celletta
dove un’altra operaia l’aveva rinchiusa, così che trascorresse tranquilla il

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momento della metamorfosi, essa era già operaia, femmina sterile destinata alle

pulizie nel nido, ai lavori di carpenteria, alla raccolta del polline sui fiori. Il suo
destino, certo, non se l’è scelto da sola, ma se l’è trovato segnato nel giorno in
cui la regina madre ha deposto nella celletta piccola dell’alveare l’uovo da cui la
nostra futura operaia sarebbe un giorno nata.

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Schiusosi l’uovo, la larva fu nutrita dalle sorelle operaie già adulte con una

pappa zuccherina e nutriente, priva però degli ingredienti necessari ad una
larvetta per svilupparsi in una regina. Se solo fosse nata in una celletta più
grande, le avrebbero dato da mangiare un po’ di pappa reale ed ora sarebbe
pronta per il volo nuziale. Per lei comincia, invece, un’esistenza di lavoro. C’è

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già un programma ben preciso, per tutta la sua esistenza. Dovrà semplicemente

eseguire, giorno dopo giorno, quel che la comunità si attende da lei.
La sua prima incombenza è pulire le cellette dell’alveare, rimuovendo le
tracce lasciate da chi, come lei, ne ha occupata una durante le settimane
precedenti. Dopo due o tre giorni, le viene riconosciuto il ruolo di nutrice; a

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pulire le celle provvederanno le sorelle più giovani, diventate adulte nel

frattempo. Per ora è nutrice alle prime armi: può occuparsi perciò delle larve più
grosse, più robuste e più facili da trattare; ma non tarda ad essere promossa
nutrice delle larve neonate, il cui numero è sempre grande, perché la regina
continua ogni giorno a deporre le sue uova nelle cellette vuote.

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Passa una settimana o poco più. Anche il lavoro di nutrice è finito, per la

nostra operaia; ora la comunità le chiede di fabbricare nuove celle esagonali, di
ingrandire i favi dell’alveare, di riparare qualche guasto occasionale: e anche in
questa incombenza sa dimostrare tutto il suo zelo, la sua perizia.
Di tanto in tanto si affaccia fuori per scaricare un po’ di rifiuti, ma non le è

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concesso ancora di volarsene lontano, sui prati fioriti dove le compagne più

anziane s’affaccendano a raccogliere polline e nettare zuccherino. Intanto
l’estate avanza e, con l’estate, il caldo, l’afa.
Nell’alveare l’atmosfera rischia di farsi irrespirabile. Ecco allora un gruppo di
operaie improvvisarsi ventilatrici: in bella fila presso l’ingresso dell’alveare, le

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vediamo con le ali in continua vibrazione, così da agevolare il ricambio

dell’aria. Da ventilatrici a guardiane, il passo è breve: per qualche giorno le
nostre operaie montano di guardia presso l’ingresso, pronte a sguainare il loro
pungiglione contro qualsiasi malintenzionato.
In questo frenetico mutar di mestieri, saranno passate tre settimane in tutto:

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poco resta da vivere, ancora alla nostra ape. Forse diventerà damigella d’onore

della regina e le resterà accanto, accudendo alle sue necessità; forse, invece,
potrà andarsene per i prati ed i frutteti, di fiore in fiore, attratta dai colori e dai
profumi delle corolle. Ma anche queste escursioni sono uscite di lavoro, per lei.

   
(Tratto e adattato da: Alessandro Minelli, I segreti degli animali, Arnoldo Mondadori Editore, Milano,
1985)